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La lingua come diritto: premessa
ANALFABETISMO: PARALISI E CURA PER L’ITALIA
Appello rivolto:
- al Ministro dell’ Istruzione, dell’Università e della Ricerca Maria Chiara Carrozza
- al Ministro dell’Integrazione Cècile Kyenge
e per conoscenza:
- alle autorità italiane ed europee che hanno responsabilità nell’ambito dell’alfabetizzazione degli adulti
- alle persone, comunità e organizzazioni interessate alla tutela dei diritti umani
Premessa
Esiste in Italia un problema quasi sempre ignorato, che costituisce una reale paralisi per la vita del paese. L’intento di questo appello è quello di far emergere questo problema, indicare alcune delle sofferenze e delle disfunzioni che può comportare sia per i singoli individui che per l’intera collettività e indicare alcune proposte urgenti di intervento.
Far emergere il problema
L’8 ottobre 2013 è stata pubblicata l’indagine PIAAC (1) (Programme for the International Assessment of Adult Competencies), promossa dall’OCSE con l’obiettivo di rilevare le competenze alfanumeriche degli adulti tra i 16 e i 65 anni. I paesi coinvolti sono stati 24 e in Italia è stata realizzata da ISFOL su incarico del Ministero del Lavoro. 157.000 le persone che hanno effettuato il test nei diversi paesi, 260 i comuni italiani coinvolti, 4500 gli italiani testati.
Su 24 paesi l’Italia è ultima nelle competenze alfabetiche (literacy) e penultima in quelle matematiche (numeracy) (2)
. L’allarme è da codice rosso al pronto soccorso. Leggere i dati di questo paese paralizzato, analizzare le fratture che le radiografie delle competenze fondamentali per la vita ed il lavoro mostrano è indispensabile per procedere alla diagnosi dei problemi e per stabilire gli interventi politici di terapia e di cura.
I test graduati individuano 5 livelli di competenze (che diventano 6 se si considera la fascia di coloro che non raggiungono il primo livello). La capacità di saper leggere e scrivere (alfabetizzazione strumentale) è necessaria ma a volte non sufficiente per saper effettuare alcuni compiti di lettura e scrittura che frequentemente la vita quotidiana richiede (alfabetizzazione funzionale). Ecco alcuni esempi di compiti presenti nelle prove: seguire le istruzioni riportate su un foglietto illustrativo, leggere l'orario dei voli all'aeroporto, leggere le informazioni di un'etichetta di un prodotto alimentare; leggere una mappa.
Diamo un breve sguardo al gruppo più consistente della popolazione italiana:
il 42,3% degli italiani è al livello 2 (circa 25.000.000 di persone)
Cosa si chiede di saper fare ad esempio al livello 2? Leggere un testo digitale relativo ad un’iniziativa per il tempo libero (una corsa intorno ad un lago) e saper cliccare sul bottone “contatti” per trovare il numero di telefono degli organizzatori.
Il 22,3% degli italiani è al livello 1 (circa 13.000.000 di persone)
Cosa si chiede di saper fare ad esempio al livello 1? Coloro che si trovano al livello 1, su 6 semplici annunci con offerte di lavoro sono in grado di comprendere quale azienda cerca un lavoratore in orario notturno (3)
Il 5,6% è al di sotto del livello 1(below level 1). (4)
Si tratta di persone che non hanno superato un facile test di screening iniziale, nel quale era necessario fare una somma, reperire un numero di telefono scritto su un volantino informativo, trovare il prezzo di un prodotto su una targhetta ecc. Chi non ha superato questa prova non ha ricevuto il test completo, ma semplici prove per individuare la comprensione di un testo scritto (reading components). Un esempio di esercizio: un’immagine (ad esempio un fiore) sotto la quale occorre scegliere la parola giusta tra le 4 parole proposte: spalla, nuvola, fiore, bandiera.
Questo è il dato peggiore: 3.000.000 di italiani non superano o non raggiungono la soglia della singola parola.
Se sommiamo i dati degli italiani che si collocano tra l’analfabetismo totale e il livello 2 otteniamo che circa il 70% della popolazione italiana tra i 16 e i 65 anni si colloca al di sotto del livello 3. Il livello 3 è considerato il minimo indispensabile per vivere e lavorare nel XXI secolo. L’allarme di questa indagine ci dice che il 70% degli italiani non ha le competenze sufficienti per vivere e lavorare nella società attuale.
Per un paese come l’Italia, per la sua vita educativa, sociale, economica, politica e culturale, poter contare su una popolazione che sia in grado di comprendere ed esprimere messaggi scritti dovrebbe essere essenziale. I dati di questa ricerca ci dicono che per moltissimi italiani è un problema scrivere un biglietto di due righe, ci dicono che un segnale di pericolo con un avvertimento scritto, per esempio: “Altamente nocivo – non utilizzare per il lavaggio stoviglie” può mettere a rischio la salute di molti cittadini se gli addetti alle pulizie in un ospedale fanno parte di quella percentuale che quest’indagine segnala come nervo scoperto del paese. La ricerca riguarda l’intera popolazione; gli immigrati che rientravano nel campione corrispondevano alla percentuale degli immigrati presenti sul territorio nazionale.
Tra gli obiettivi dell’indagine PIAAC si legge che una volta identificate le "deficienze" in termini di competenze fondamentali i risultati consentiranno:
- di fare scelte orientate a migliorare le abilità, attraverso il sistema di istruzione formale
- di individuare quali sono le politiche che potrebbero contribuire ad aumentare o a diminuire i rischi nel tempo per la popolazione presa in esame
Una delle differenze più evidenti tra i paesi con risultati eccellenti e l’Italia riguarda la robusta, ricca ed efficiente rete di formazione istituzionale degli adulti presente in questi paesi, che offrono formazione gratuita a tutti i livelli, con particolare attenzione e cura verso coloro che sono meno autosufficienti. In questi paesi la marginalità sociale determinata dall’analfabetismo è bassissima.
In Italia il sistema di istruzione formale degli adulti ha sedi, docenti e risorse totalmente insufficienti per rispondere alle esigenze di formazione di base degli adulti. I percorsi per l’alfabetizzazione strumentale e funzionale (tantomeno quelli per le competenze matematiche elementari) non sono nazionalmente identificati e tali voci non determinano organico, cioè non valgono per l’assegnazione di docenti ai CTP (CPIA).
La maggior parte degli adulti che in Italia non sanno leggere e scrivere ha attraversato la scuola dell’obbligo senza imparare (e questo dovrà essere oggetto di una seria revisione per individuare ciò che non funziona); una parte più piccola di questi adulti è invece costituita da persone che non hanno mai avuto l’opportunità di frequentare la scuola (o l’hanno frequentata solo per un breve periodo), non tanto qui in Italia ma soprattutto nel proprio paese d’origine. Ci sono adolescenti che provengono da altri paesi e che accedono alla scuola secondaria con un percorso scolastico nel paese d’origine che non ha permesso loro di acquisire le competenze necessarie per un’alfabetizzazione di base in lingua madre (5)
.
Sono inoltre molti gli adulti, che solo in piccola parte accedono alla formazione (nei CTP o nel terzo settore) (6), che provengono da paesi nei quali il tasso di alfabetizzazione è decisamente più basso di quello italiano. La situazione è variegata: alcuni non sono in grado di leggere e scrivere né la propria lingua madre né la lingua del paese nel quale sono emigrati, altri sono debolmente alfabetizzati in una lingua con un alfabeto che spesso ha caratteri diversi da quelli latini, altri sono in grado di riconoscere lettere, parole e più raramente semplicissime frasi in italiano (si trovano cioè a stadi diversi di semi analfabetismo) ma queste competenze non sono sufficienti per affrontare i compiti di lettura e scrittura che la vita quotidiana richiede.
L’apprendimento dell’italiano come seconda lingua (L2) deve tenere conto di situazioni di analfabetismo e semi analfabetismo che vanno colmate e che spesso trovano impreparati docenti, dirigenti e formatori.
Tra i paesi che hanno deciso negli ultimi anni di individuare e misurare la realtà dell’analfabetismo, alcuni hanno scoperto che le dimensioni del fenomeno erano sconcertanti: in Germania ricerche precedenti all’indagine PIAAC avevano rilevato 7 milioni e mezzo di analfabeti (di cui solo 3 non avevano il tedesco come lingua madre) (7)
; più di 5 milioni di analfabeti si collocavano tra il livello Alpha 3 e il livello Alpha 28 ; le loro competenze andavano dalla capacità di scrivere una breve lista della spesa ad un massimo di 2 semplici frasi, ma non erano in grado di leggere e comprendere un brevissimo testo con istruzioni scritte relative ad una semplice professione. In Germania i livelli “Alpha” predispongono un percorso graduato,
con indicatori di abilità che si collocano al di sotto delle competenze previste dai livelli individuati dal Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue (Consiglio d’Europa, 2001), Quadro che considera l’acquisizione delle competenze alfabetiche come prerequisito già posseduto, e che dunque necessita di una consistente integrazione là dove si voglia intervenire, con serie politiche migratorie, a normare tempi e percorsi di apprendimento che tengano conto di coloro che non hanno mai avuto l’opportunità di imparare a leggere e a scrivere nemmeno la propria lingua madre. (9)
A livello istituzionale la voce “adulti analfabeti” quali risorse riceve in Italia? Quanti insegnanti, quali e quanti
percorsi, quante ore, quante classi, quale ricerca, quale formazione, quali materiali didattici? Manca una
letteratura sui livelli, sui tempi e sulle problematiche di chi si trova a dover imparare l’italiano come L2 a
partire da una situazione di analfabetismo.10
Fino ad oggi in Italia è mancata la consapevolezza politica del problema e si è giunti talvolta a situazioni di
vera e propria esclusione istituzionale, dove è stato impedito agli analfabeti l’accesso ad un percorso
formativo. Anche là dove non si verifica un’ostilità esplicita, a volte si registrano situazioni di “parcheggio”
che, non fornendo strumenti adeguati, conducono le persone all’abbandono dei corsi. E’ inoltre
preoccupante che nella definizione di responsabilità e competenze, in diverse realtà si tenda ad indirizzare
coloro che più avrebbero bisogno di percorsi strutturati e continuativi all’estemporaneità del volontariato,
non in supporto all’offerta della scuola pubblica ma in alternativa ad essa. Coloro che hanno ricevuto
pochissime o nessuna opportunità di istruzione dovrebbero ricevere, secondo l’articolo 3 della Costituzione,
maggiori opportunità e risorse al fine di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando
di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Quali sofferenze e quali disfunzioni può comportare l’analfabetismo?
Vi sono realtà, in zone geografiche molto distanti dalla nostra, nelle quali si può vivere la propria vita
familiare, lavorativa, sociale e culturale anche senza saper leggere e scrivere; realtà caratterizzate da una
cultura orale. Non è così per la maggior parte dei paesi nel mondo, non è così per il contesto europeo ed
italiano fortemente connotati dalla mediazione della lettura e della scrittura per la maggior parte delle
operazioni quotidiane. Maria Montessori afferma che la potenza dell’alfabeto, la conquista più importante
per tutta l’umanità, non è semplicemente quella di far capire le parole scritte nel loro senso, ma è quella di
dare nuovi caratteri al linguaggio raddoppiandolo. La padronanza dell’alfabeto arricchisce l’uomo, estende i
suoi poteri naturali di esprimersi, li rende permanenti, li trasmette nel tempo e nello spazio, gli permette di
rivolgersi all’umanità e alle nuove generazioni. Aggiungiamo che nel contesto attuale, per ottenere beni e
servizi è aumentato il peso del codice scritto: agli sportelli nei quali ci si recava per un’iscrizione potendo
interagire oralmente con un operatore, agli uffici che fornivano documenti e riscuotevano pagamenti si sono
sostituiti siti e macchine computerizzate con le quali si può interagire solo attraverso la comprensione di un
testo che deve essere letto. Non essere in grado di leggere e scrivere significa dover dipendere da altri per
molte operazioni quotidiane, e quindi perdere la propria autonomia di adulti per il soddisfacimento dei
bisogni elementari: iscrivere un figlio a scuola e seguirne il percorso, pagare il ticket di una visita medica e
comprendere le istruzioni relative ai farmaci, acquistare un biglietto per il trasporto pubblico da una
macchinetta, leggere le insegne dei negozi, il tabellone delle partenze o degli arrivi dei treni per individuare
orari e binari. Vivere in una comunità, valutarne le scelte, eleggere coloro che la governeranno, poter
utilizzare la lettura e la scrittura per la crescita ed il benessere proprio e altrui sono azioni altrettanto
essenziali alla vita di un adulto. Spesso gli adulti che imparano a leggere e scrivere dopo molti anni nei
quali erano stati analfabeti dicono di sé che prima erano ciechi e grazie alla lettura e alla scrittura sentono
di vederci; come persone uscite da un tunnel, che acquistano dignità, possibilità di interagire alla pari,
uscire dall’emarginazione e dall’umiliazione. Le persone che perdono autonomia motoria o quelle non
vedenti hanno giustamente diritto ad assegni di accompagnamento e a cure riabilitative. Coloro che non
hanno autonomia nella lettura e nella scrittura, non per un handicap invalidante ed irreversibile, ma per una
condizione che attraverso percorsi di alfabetizzazione potrebbe essere risolta, nel nostro paese si trovano
quasi completamente sprovvisti di un’offerta formativa rivolta specificamente a loro. L’assurdo è che nel
non occuparci tempestivamente di questa emergenza, mettiamo in pericolo l’intero paese, costretto a
muoversi con una disabilità che impedisce il 70% delle scelte e dei movimenti del corpo e della mente.
Paesi come l’ Australia e gli Stati Uniti hanno calcolato che mantenere nell’analfabetismo fasce consistenti
della popolazione adulta, oltre ad incidere in modo profondamente negativo sul benessere della vita
sociale, ha un costo elevatissimo soprattutto nel settore sanitario e in quello occupazionale. Questi dati
sono confermati e approfonditi anche nell’ultima indagine OCSE.11
Una sofferenza alla quale molte persone sono sottoposte ingiustamente è determinata dagli obblighi
previsti all’interno del “pacchetto sicurezza”: oltre all’ingiustizia subita per non aver avuto accesso alla
formazione nell’infanzia, oltre ad emigrazioni spesso forzate da situazioni invivibili per la mancanza di
condizioni minime di sostentamento e per la presenza di guerre, la legislazione attuale impone ai migranti il
superamento di un test di conoscenza dell’italiano che non tiene minimamente conto dei livelli di
competenza alfabetica in ingresso. La legge non prevede in alcun modo oneri da parte dello Stato nella
direzione della diffusione capillare di un’offerta formativa funzionale alle diverse esigenze. Una politica che
spesso si è macchiata di scelte contrarie agli impegni sottoscritti a livello internazionale in materia di diritti
umani e di diritti d’asilo, ha negli ultimi anni condizionato gravemente la finalità istituzionale dei Centri per
l’istruzione degli adulti. Con l’entrata in vigore del decreto interministeriale 04.06.2010 e delle successive
norme dell’accordo di integrazione (DPR 179 del 14.09.2011) i CTP (CPIA) sono stati travolti da un’attività
frenetica di preparazione e somministrazione di test funzionali all’ottenimento dei documenti di soggiorno.
Su questi test hanno espresso pareri contrari e per molti motivi differenti persone autorevoli12, poiché è un
test che anziché stimolare un processo di acquisizione della lingua funzionale ad un’interazione che innalzi
il livello degli scambi culturali e della coesione sociale, di fatto discrimina, penalizza e crea barriere
insormontabili per appartenere ad un paese che nella carta fondamentale si è dato appunto l’impegno a
rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno inserimento sociale dei cittadini-lavoratori13. Ci sono paesi
nei quali l’impegno costituzionale a tutela dei diritti dell’uomo vincola la legislazione al punto di definire con
estrema precisione quali e quanti strumenti lo Stato mette a disposizione affinché questi diritti siano
riconosciuti in modo concreto ed effettivo e non siano semplicemente scritti su un pezzo di carta, senza
alcuna corrispondenza con la realtà. I paesi che hanno già rilevato e studiato il problema
dell’analfabetismo, segnalano che le persone che imparano per la prima volta a leggere e a scrivere in età
adulta necessitano di percorsi di studio di circa 800 ore, estendibili fino a 1200, per passare
dall’analfabetismo all’acquisizione delle abilità di base di lettura e scrittura14. In Germania l’offerta formativa
dei corsi pubblici gratuiti garantisce agli analfabeti (sia tedeschi che immigrati) 10 moduli orari da 45 minuti
a settimana in classi di massimo 10 studenti15
. Lo Stato tedesco, mentre da un lato si impegna in un’offerta
così ricca, stabilisce anche che lo straniero possa fare ricorso nel caso in cui il Ministero non eroghi le ore
previste. Lo Stato italiano, invece, è assolutamente carente nell’offerta formativa, perché i Centri per
l’istruzione degli adulti non sono distribuiti in modo capillare sul territorio e spesso hanno liste d’attesa
interminabili.
Sono due le situazioni dell’istruzione degli adulti che sono in conflitto con l’articolo 26 della
dichiarazione dei diritti dell’uomo16. La prima riguarda l’acquisizione del titolo di studio minimo. Il DPR
4.10.201217
considera come primo gradino dell’istruzione degli adulti l’ottenimento della licenza media,
ignorando quasi completamente il percorso di alfabetizzazione che la deve precedere. Tutti saremmo
scandalizzati se per i nostri figli improvvisamente lo Stato decidesse di non offrire più nulla tra i 6 e i 14
anni se non un corso di un unico anno funzionale all’ottenimento della licenza media. Eppure per gli adulti è
così: per chi non ha le competenze alfabetiche e numeriche di base è previsto un percorso formativo del
tutto insufficiente18. La seconda situazione riguarda l’ottenimento del livello A2 di conoscenza della lingua
italiana, che costituisce la soglia obbligatoria per il soggiorno di un migrante. Nelle nuove linee guida per i
CPIA non vi è alcun riferimento alla situazione di partenza degli studenti: sono indicate 200 ore sia per il
plurilaureato che per l’analfabeta, e sappiamo bene che “non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti
uguali fra diseguali”19
.
Proposte di intervento urgenti
Come ha sempre sostenuto Paulo Freire, il tema dell’ alfabetizzazione non è neutro e chiede un’opzione
politica molto chiara, poiché “dare la parola a chi non ne ha il dominio” significa fare una scelta che realizza
il diritto di tutti ad una vita dignitosa. La paralisi di una parte del corpo sociale è paralisi di tutto il corpo,
decidere di dare priorità alla cura è scegliere la cosa migliore per tutti e per ciascuno.
Solamente pochi anni fa i disturbi specifici di apprendimento (DSA) non erano riconosciuti; le persone con
questi disturbi non erano tutelate e non avevano diritto a strumenti compensativi. Dopo un percorso
faticoso siamo giunti ad una situazione nella quale la legge interviene stabilendo chi certifica e a quali
strumenti, supporti, semplificazioni, tempi gli studenti hanno diritto. Crediamo che sia necessario avviare un
processo simile nei confronti delle problematiche connesse all’analfabetismo. La civiltà di un paese si
misura dal modo in cui tratta i soggetti più deboli: un modo non occasionale, ma scelto consapevolmente
come legge che tutela la debolezza e come comportamento spontaneo diffuso, frutto di un’educazione e di
una cultura solidali.